riporto in questo nuovo blog la classifica "molto personale" dei miei best film del 2008....
Sono compresi i film usciti nelle sale e quelli visti nei festival o in anteprima che la distribuzione italiana miope o idiota si è fatta scappare… Non c'è Cous Cous (la graine et le mulet) di Kechiche, uscito quest'anno ma che io avevo già recensito e idolatrato l'anno scorso...
1.
IL DIVO di Paolo Sorrentino
Uno stupore assoluto e meraviglioso. Battute umoristiche, grottesco e sarcasmo ma anche denuncia da film inchiesta e tragedia. E poi un Toni Servillo da urlo. È un pugno in faccia, è puro cinema finalmente capace di descrivere un paese. È incredibile come Sorrentino abbia potuto trovare un equilibrio in un eccesso di eccessi. Si ride e si riflette tra ambientazioni strepitose, immagini magnifiche, inquadrature geniali, fotografia impressionate, montaggio folle, un sonoro strabiliante. Tutto provoca un’angoscia e uno stupore crescente. Una meraviglia, una pietra miliare come direbbero alcuni... Vera antologia del cinema. Capolavorissimo.
2.
ENTRE LES MURS – LA CLASSE di Laurent Cantet
Palma d’oro a Cannes. Un professore alle prese con una classe di un liceo periferico composta da bianchi, cinesi, neri e maghrebini. La fatica dell’insegnamento tra difficoltà enormi, razzismi, ricerca dei propri limiti e rischi di insuccesso clamoroso. Uno spaccato sui nostri tempi? Una critica a un sistema incapace? Una società che deve accettare i limiti umani? Cantet non prende direttamente posizione e ci mostra la scuola con un realismo verissimo, naturale e sincerissimo. Tesissimo, divertente (il “detesto Materazzi” urlato da un ragazzo crea ilarità in sala), intenso e importante. Puro cinema che racconta la realtà come non mai. Da vedere assolutamente. in lingua originale!
3.
TUTTA LA VITA DAVANTI di Paolo Virzì
Ispirato al racconto/blog di Michela Murgia Il mondo deve sapere ecco il paese che siamo diventati: lavoro precario, lauree che non servono a niente, giovani che scappano all’estero, mito del successo apparentemente alla portata di tutti e televisione onnipresente. Una commedia serissima e inquietante che mostra come i contadini e gli operai di ieri sono diventati i lavoratori vestiti alla moda di oggi. Uno dei migliori film italiani dell’ultimo decennio. Cinema divertente ma di una serietà mostruosa. Film sincero come pochi, senza patetismi e capace di trovare un equilibrio miracoloso tra passione civile, tragedia e divertimento. E tutto in modo assolutamente non ipocrita, proprio come nei grandi film della commedia all'italiana.
4.
GOMORRA di Matteo Garrone
Vincitore del Gran Prix a Cannes. Un film raggelante. Puro realismo completamente al di fuori da qualunque estetismo, Garrone gira con una camera a mano necessaria e funzionale al racconto, non eccede in inutili barocchismi (un solo dolly di un minuto in una scena clou del film), utilizza un montaggio secco e rapidissimo, sceglie una musica agghiacciante (neomelodici con techno tamarra), non nasconde nulla della violenza ma non ne fa mai ricerca estetica, non indugia mai sui corpi o sul sangue, non ne fa retorica, taglia in modo secco anche gli omicidi che così sembrano far parte della normalità della vita. Una vita che sembra un inferno. Terribile e spaventosa testimonianza dei nostri tempi. Capolavoro di regia e corpi realissimi. Agghiacciante. Senza speranza.
5.
NON È UN PAESE PER VECCHI di Ethan e Joel Coen
Fedelissima trasposizione della scrittura secca, spietata e imprevedibile di Cormac McCarthy. Terribile e inquietante: sembra un ferocissimo noir ma è soprattutto un apologo morale sul bene e sul male con le classiche inquadrature di largo respiro che hanno fatto grande il cinema americano, i lentissimi carrelli, essenziali e geometrici, l’humour nero e l’ironia dei Coen. Attori stupefacenti: Brolin è bravissimo, Javier Bardem con stivali da cow boy e capelli alla Renato Zero è leggendario... e poi c’è Tommy Lee Jones che, con le sue rughe e la sua faccia vecchia e stanca, riflette sulla disperazione dell’America contemporanea. Grandioso.
6.
ENCOUNTERS AT THE END OF WORLD di Werner Herzog
Visto in cineteca a Milano ma non distribuito. Un altro capolavoro di quel genio che è Werner Herzog. Il Polo Sud dove il mondo finisce e dove si incontrano i “resti” che questo mondo non vuole più avere con sé. Herzog ci racconta questo sperduto migliaio di uomini e donne che vivono alla fine del mondo. E la visionarietà con la quale il grande Werner, sempre ironico e cinico, riesce a fondere le immagini è irreale, perfetta, magica: riesce a unire una spedizione in bianco e nero degli anni ’20, le meraviglie dei ghiacci, la lava di un vulcano, le folli e straordinarie riprese sott’acqua, le murene, la musica delle foche, gli insopportabili pinguini, le arie classiche e la musica rock. Come si fa a raccontare la pura bellezza? Immenso.
7.
4 NOTTI CON ANNA di Jerzy Skolimowski
Strepitoso ritorno di Skolimowski, grande regista degli anni ‘70 (Le départ, la ragazza del bagno pubblico) con questo bellissimo film. Ambiguo e apparentemente poco comprensibile nella prima parte. Misterioso e tesissimo nella seconda. Attore fantastico e raffinatezza stilistica senza eguali. Dalle parti del capolavoro. Ovviamente non distribuito da noi…
8.
LE SILENCE DE LORNA di Jean-Pierre e Luc Dardenne
Premiati a Cannes come migliore sceneggiatura dopo due Palme d’oro (Rosetta e L’enfant), i Dardenne ci regalano un altro disperato ritratto di un essere umano: Lorna, albanese costretta a un matrimonio con un tossico per avere la cittadinanza belga. Per la prima volta però la macchina da presa non è sempre addosso ai volti e ai corpi dei protagonisti, c’è un distacco maggiore e a metà film s’introducono addirittura i sentimenti e la musica. Però quasi subito c’è una favolosa ellisse dardenniana che distrugge ogni coinvolgimento e ci riporta al dramma e alla malvagità del mondo. Angoscioso.
9.
UN CONTE DE NOËL di Arnaud Desplechin
Desplechin è regista da noi poco conosciuto. Questo è un film di spessore altissimo. Una storia corale di una famiglia con mille problemi (il tumore della madre, la follia del nipote e tutte le debolezze dell’animo umano) che si ritrova unita dopo sei anni per il pranzo di Natale. Attori strepitosi (Deneuve, Almaric, Poupaud, Mastroianni), sceneggiatura impeccabile e una regia che per 2 ore e mezza tiene un ritmo clamoroso: Desplechin alterna l’ironia al dramma, le citazione colte alle battute grevi, la musica tecno alla classica, ma riesce a trovare comunque un equilibrio incredibile. Una leggerezza di tocco degna di Resnais e Truffaut.
10.
PESCUIT SPORTIV - HOOKED di Adrian Sitaru
Un picnic domenicale si trasforma un po’ alla volta in una tragedia hanekiana. Strepitoso per la tensione e per l’angoscia ricreata, dialoghi splendidi e un’idea di regia molto interessante. Tutto il film è visto dalle soggettive dei vari protagonisti: un’operazione che può sembrare stucchevole, e all’inizio è faticosa da digerire, ma che con il passare del film invece non si nota ed è anche coerente con la storia.
Un gioco forse teorico con polanskismi assortiti (con il dovuto rispetto è quasi Un coltello nell’acqua il capolavoro di Polanski negli anni ’60 contemporaneo). Ovviamente i distributori italiani dormivano quando è stato proiettato a Venezia.
11.
INTO THE WILD di Sean Penn
Classico e affascinante viaggio americano con tutta l’enfasi e la retorica dell’On the road. Penn ne fa un western contemporaneo che celebra la libertà e la folle ricerca dell’assoluto. L’orgoglio a volte ottuso e arrogante del protagonista di saper fare da sé e di mettersi sempre alla prova, sintetizza questa ricerca di una verità radicale e mai piegabile, ostinata fino all’estremo, sfacciata ed eccessiva. Tutto ciò fa pensare come la vita di ognuno può essere differente con un minimo di coraggio o di voglia di cambiamento in più...
12.
THE WRESTLER di Darren Aronofsky
Leone d’oro a sorpresa a Venezia. Americano fino al midollo sia per la costruzione molto classica della storia, sia per lo sport più americano che si può. Rourke è spettacolare nell’immedesimarsi in un personaggio che somiglia molto alla sua vita vera (boxe invece che wrestling). Aranofsky è poi bravo e non eccede, come spesso gli è capitato in passato, nel cercare uno stile non semplice. Commovente.
13.
ONORA IL PADRE E LA MADRE di Sidney Lumet
La famiglia. L’America. Il denaro. L’avidità. Il sesso. L'odio. La ferocia. Un film che ci parla di persone disposte a tutto pur di mantenere il loro benessere, persone non in grado di capire la differenza tra il bene e il male. Persone disposte a tutto e che arrivano a tutto. Persone che hanno dentro una violenza pronta a esplodere con dinamiche folli e allucinanti. Una delle più grandi metafore sulla società contemporanea, sul nostro mondo e sull’America, la sua guida “etica”. Montaggio a frammenti utilissimo a vedere la storia da più angolazioni, una sorta di piccolo Rashomon... La trama ha poi un sapore quasi shakespeariano e la New York vista dalle grandi vetrate dei grattacieli è di una struggente bellezza. Agghiacciante e disperato.
14.
BURN AFTER READING di Joel e Ethan Coen
I Coen lasciano i luoghi delle tragedie mccarthiane e tornano a misurarsi con il loro versante tragicomico. Grande prova degli attori (tutti ma soprattutto il demente Pitt e la “fantasiosa” McDormand) in un contesto serissimo. Film che diverte ma che ci racconta in modo preciso una società alla sbando che tra cospirazioni e delazioni va verso lo sfacelo. Favolosa la scena del parco dove lo sciupafemmine Clooney vede spie ovunque. Non un capolavoro ma molto piacevole.
15.
NON PENSARCI di Gianni Zanasi
La vera sorpresa della Mostra di Venezia. Un classico esempio di quel cinema medio (medio alto) che tanto ci manca... La famiglia e le sue brutture e quelle della provincia italiana tra impossibilità di capirsi e di parlarsi. Anche questo film è sulla linea della vecchia e cara commedia all’italiana, divertente, cattiva e familista. Il tono è surreale e giocato molto sui dialoghi con una leggerezza e un'ironia che conquistano: le battute sono continue e divertentissime e il ritmo serratissimo aiuta nel racconto. Ben diretto da Zanasi e ben scritto oltre che ben recitato da Valerio Mastandrea, il miglior attore italiano!, che giganteggia facendo ridere anche con le sopracciglia.
Sorprendente, divertente e commovente
16.
LE TRE SCIMMIE di Nuri Bilge Ceylan
Premio per la miglior regia a Cannes. Ceylan dopo Uzak e il piacere e l’amore si conferma impressionante narratore e grandissimo nella direzione di attori (tutti straordinari). Una famiglia che si disintegra e a poco a poco va verso la tragedia. Volti e sguardi meravigliosi dentro a un pessimismo assoluto. Affascinante.
17.
LO SCAFANDRO E LA FARFALLA di Julian Schnabel
Adattamento per il cinema dell’autobiografia straziante di Jean-Dominique Bauby (pubblicata in Italia da Ponte delle Grazie), ex direttore di Elle rimasto paralizzato in seguito a un incedente stradale. Film struggente e teoricamente il più antispettacolare che si possa immaginare: Schnabel racconta la storia attraverso il battito di ciglia che diventa, oltre che il modo di comunicare di Bauby, anche il battito ritmico del montaggio del film. Sicuramente una sfida, forse volutamente "artistica" ed “estetica” ma che riesce a coinvolgere e colpire in maniera incredibile.
18.
SWEENEY TODD di Tim Burton
Tim Burton. Solo tim Burton può partorire un film del genere. Vendetta, amore, morte e orrori, Sweeney Todd ti lascia attaccato allo schermo, senza parole in preda a invenzioni una dopo l’altra. Visivamente incredibile, affascinante e tragico, intriso di un pessimismo assoluto: per la prima volta Burton mostra quanto è repellente l'umanità nella sua totalità, non ci sono personaggi buoni o i fantastici “mostri con anima” che hanno caratterizzato la sua filmografia. Spietato.
19.
TULPAN di Sergei Dvortsevoy
Vincitore di Un certain regard a Cannes. Un uomo viene rifiutato dalla sposa e cerca se stesso tra steppe sterminate e pecore al pascolo. Crudo realismo che si mischia a divertimento assoluto con il personaggio del tamarro. Sui temi del Matrimonio di Tuya con molto meno manicheismo. Anche qua i distributori italiani erano in letargo…
20.
BE KIND REWIND di Michel Gondry
Un amore per il cinema straordinario e una voglia di divertimento folle e liberatoria. Come sempre in Gondry c’è il desiderio di sognare, l’illusione di poter essere in un altrove magico, delirante e volutamente infantile. Le parodie di Robocop, Ghostbusters, King Kong, Carrie, A spasso con Daisy, 2001... sono tutte uno spasso incredibile e meriterebbero un biglietto a parte.
La storia è forse un po’ banale e facile ma il film si regge lo stesso benissimo sulla “linearità” delle invenzioni sognanti in puro stile Gondry. Una menzione particolare anche per l’esagitato Jack Black, in versione John Belushi… Peccato per il doppiaggio delirante e assassino.
venerdì 13 febbraio 2009
martedì 10 febbraio 2009
Iscriviti a:
Post (Atom)